Per FqMagazine ho intervistato Giuseppe Bertuccio D’Angelo, reporter, documentarista e fondatore di Progetto Happiness
In ogni Stato e per ogni cultura, la felicità ha una ricetta diversa. Dietro gli sguardi e i sorrisi, spesso, si nascondono storie. Da scoprire e comprendere. Da oltre cinque anni è la missione di Giuseppe Bertuccio D’Angelo, 34enne originario di Messina e fondatore di Progetto Happiness. Dopo essersi laureato in Economia, è partito per fare il giro del mondo in un anno, poi ha completato l’Ironman, il triathlon più lungo e duro che esista. Fino al 2019 ha lavorato per una multinazionale a Barcellona. Ora esplora luoghi remoti del pianeta per “incontrare personaggi straordinari” e chiedere loro il significato della felicità.
Tra gli altri, ha girato reportage in Corea del Nord, sulle tribù dell’Africa e dell’Amazzonia, sul treno del ferro in Mauritania, sui banditi colombiani e in Ucraina, a un anno dall’inizio della guerra. Il canale YouTube dove pubblica i suoi documentari (frutto di un lavoro di squadra, come sottolineato da lui stesso diverse volte) vanta 2,21 milioni di iscritti e più di 250 milioni di visualizzazioni. “Parlo italiano, inglese, francese e spagnolo fluentemente – rivela a FqMagazine –. Ma la verità è che le lingue che servono davvero sono altre: la pazienza, l’attenzione, l’umiltà. Se sai ascoltare, anche un gesto può diventare racconto”. Abbiamo raggiunto Bertuccio D’Angelo nel mezzo di uno dei suoi viaggi.
Nel 2019 hai lasciato il tuo lavoro per investire su una professione che non esisteva. Che facevi prima?
Lavoravo come commerciale per una multinazionale a Barcellona. Progettavo strategie per vendere prodotti di cui non ero minimamente interessato. Guadagnavo bene, avevo un futuro “sicuro”. Ma ogni sera, tornando a casa, sentivo che qualcosa si stava spegnendo dentro di me. Vivevo una vita che funzionava fuori, ma che non mi somigliava più. Un giorno, durante una riunione in cui si parlava per ore di un logo, ho alzato lo sguardo e ho pensato: “Ma io, tutto questo… lo faccio per cosa?”
Foto: Progetto Happiness