Uno spettacolo senza eguali. Un talento straordinario, brillante, da incorniciare nelle pagine di storia della pallacanestro italiana. Diciotto punti nel quarto periodo, venticinque in ventuno minuti. Leadership, carisma e un tiro glaciale e mortifero. Quando il professor Marco Belinelli sale in cattedra scalda la mano, non esistono soluzioni per arginarlo. Bisogna ammirare, in silenzio, l’incantevole rilascio e udire, estasiati, il suono soffice della retina che accoglie dolcemente il pallone. Fondamentali, triple fuori equilibrio o piedi a posto, penetrazioni al ferro subendo fallo, tagli backdoor e l’abilità di respirare l’aria rarefatta dei finali di partita. Pressione, nel vocabolario del capitano delle V nere, fa rima con freddezza e rabbia agonistica. Tortona, agguerrita e mai arrendevole, si scioglie ai piedi dell’eterno ragazzo da San Giovanni in Persiceto. Il tempo logora, ma lui ne è inconsapevole. Più invecchia, più è buono. Non è vino, ma Marco Stefano Belinelli.